termografia durante facoemulsificazione
Il problema dell’ustione del tunnel si è sempre posto nello studio della facoemulsificazione, ma di recente questo argomento ha assunto un interesse particolare a causa delle nuove tecniche di facoemulsificazione attraverso microincisioni.
Un riscaldamento dell’incisione genera un’imperfetta chiusura dei margini, altera la cicatrizzazione e causa un indesiderato astigmatismo postoperatorio, senza contare che il calore che si genera può essere causa di danno endoteliale.
Ma perché la tip (piccola punta cava che frammenta la cataratta) si riscalda? Analizziamo innanzi tutto i meccanismi di produzione del calore.
La tip oscilla lungo il suo asse maggiore, muovendosi a velocità ultrasonica in mezzi di differente densità. La sua estremità distale frammenta il materiale del cristallino (o quant’altro venga a contatto con essa).
La tip possiede quindi un’energia, che viene trasmessa alle strutture oculari. Tale energia viene impiegata in gran parte per la frammentazione del cristallino, ed in minor misura (energia in eccesso) viene dispersa in attrito o in altri fenomeni fisici.
L’energia che non è utilizzata direttamente per la distruzione del cristallino (energia trasmessa in eccesso), si trasforma in calore.
Fin qui molto semplice quindi, ma come arriviamo a produrre un’ustione?
Quando il calore non può più venire dissipato e supera una determinata soglia, provoca un danno dei tessuti. L’ustione del tunnel è la più eclatante forma di danno.
Quindi ci troviamo di fronte a due diversi problemi: da una parte il fatto che produciamo energia in eccesso, e quindi calore, e dall’altra la necessita di dover dissipare questa energia, cioè riuscire a raffreddare il nostro sistema.
Analizziamo questi due problemi fondamentali.
Consideriamo innanzi tutto la produzione di calore: essa dipende dal coefficiente di attrito tra le superfici a contatto. Ma dipende anche dalle dimensioni delle superfici stesse. Dipende inoltre, fatto molto importante, dalla velocità di oscillazione (allungamento o elongazione) della tip. In altre parole dipende dalla potenza usata, proporzionale in funzione quadratica.
Raddoppiare la potenza significa infatti quadruplicare il calore prodotto!
Ne consegue quindi che per produrre minor calore dobbiamo ridurre i coefficienti di attrito (eliminare protezioni gommate: sleeve), ridurre le dimensioni delle superfici a contatto (diminuire le dimensioni della punta), e naturalmente ridurre la potenza da impiegare, che dovrà essere la minima necessaria per il minor tempo possibile; il tempo d’azione del faco in “continuo” non dovrebbe superare il secondo, e appena possibile si dovrebbe passare alla funzione “pulsato”.
Anche riguardo alla potenza da impiegare la riduzione di dimensioni della tip si rivela molto importante, poiché la tip più piccola richiede un impiego di minor energia, come un piccolo scalpello può penetrare facilmente con piccoli colpi rispetto ad uno più grande.
Consideriamo ora la dissipazione del calore.
La cornea è priva di vasi sanguigni, è bagnata ed esposta all’aria e quindi all’evaporazione. All’interno dell’occhio umano, in camera anteriore, la temperatura è inferiore a quella del corpo umano. Misurazioni da noi effettuate indicano mediamente circa 31.5 gradi centigradi. Si comprende facilmente quindi come sia importante mantenere bassa la temperatura interna durante un intervento di facoemulsificazione, per non danneggiare le delicate strutture, vulnerabili ad innalzamenti termici.
Il sistema per dissipare il calore in un apparecchio di facoemulsificazione è basato sul sistema di infusione, che porta del liquido (BSS) attraverso l’interno del manipolo fino al cono e lungo tutta la tip, e sfocia infine in camera anteriore ove serve anche al mantenimento della profondità della camera anteriore e alla rimozione di frammenti di materiale frammentato. A dissipare il calore provvede, in maniera quasi altrettanto efficace, anche il sistema di aspirazione che riprende il liquido dalla camera anteriore e lo riporta fuori, riattraversando la tip e l’intero manipolo in senso inverso. Si comprende quindi facilmente come valori troppo bassi di infusione o di aspirazione possano portare ad improvvisi innalzamenti di temperatura.
Utilizzando la termografia possiamo osservare direttamente e misurare le temperature che si raggiungono durante un intervento di facoemulsificazione, ed effettuare così un confronto diretto tra l’impiego di una tip standard ed una microtip. La termografia può aiutarci inoltre a comprendere quali siano le cose da modificare o evitare nelle diverse situazioni, per ottimizzare l’andamento termico del nostro intervento, e minimizzare o annullare del tutto gli effetti collaterali. Ci aiuterà inoltre a verificare possibilità e limiti del nostro sistema di raffreddamento.
TERMOGRAFIA
Per registrare le temperature descritte in questo capitolo abbiamo impiegato una termocamera Nikon Laird S270 sensibile all’infrarosso termico nella regione dei 3-5mm. con range di misurazione da –20 a +250 C° +/-0,2 C°. Le sequenze acquisite sono state registrate su supporto magnetico e contemporaneamente, in formato digitale, su personal computer.
Lo studio di diagnostica ottica era volto a seguire l’andamento della temperatura assoluta del campo operatorio durante interventi di facoemulsificazione condotti alternativamente con sleeve (tecnica tradizionale) e senza sleeve (tecnica bimanuale).
La termocamera è costituita da un array di sensori nell’infrarosso. Il principio su cui di basa la misura è che aree a temperatura diversa hanno emissioni diverse nell’infrarosso; tali aree appaiono, nelle acquisizioni, in bande di colore differenti. La tecnica consente di visualizzare e misurare gradienti di temperatura e, con una opportuna calibrazione, consente di misurare anche la temperatura assoluta.
La termocamera, montata lateralmente sul microscopio, riprendeva un campo operatorio più ampio, non coassiale ma con un piccolo angolo di differenza rispetto alla normale visione del chirurgo. Questo ha consentito di esaminare particolari interessanti, normalmente fuori campo, come l’intera tip del faco e misurare le temperature dei liquidi di infusione e di deflusso.
E’ stata misurata anche la temperatura all’interno della camera anteriore mediante una microsonda termica digitale con range di misurazione da –2 a + 80 ° C +/- 0.1 ° C e frequenza di misurazione di 0.25 secondi, introdotta all’interno della camera anteriore attraverso una porta di servizio.
Gli interventi sono stati eseguiti con l’apparecchio Optikon2000 della serie Pulsar Minimal Stress, dotato di manipolo in titanio Slim, punta standard da 1mm con sleeve per la tecnica tradizionale, o punta in titanio da 0,69mm priva di sleeve per la tecnica con microincisione ed infusione attraverso una porta di servizio.
In tutti gli interventi eseguiti la temperatura della bottiglia di BSS era di 20°C all’inizio dell’intervento.
Quello che innanzi tutto colpisce, osservando la termografia di un intervento di facoemulsificazione, è la rapidità con cui si innalza la temperatura della tip azionando gli ultrasuoni. In due secondi si può avere un aumento di venti gradi e anche più. Fortunatamente la temperatura decresce quasi altrettanto rapidamente. Si osserva durante questa fase di raffreddamento, quando la tip è munita di sleeve, un innalzamento della temperatura del liquido di infusione, osservabile nelle perdite dal tunnel e dalle porte di servizio. La temperatura all’interno della camera anteriore subisce rialzi meno rapidi e quindi più modesti, dell’ordine di cinque o sei gradi in questi casi. Tale temperatura non è visualizzabile con la termocamera, poiché la cornea fa da schermo alle temperature interne. Noi abbiamo misurato l’andamento della temperatura interna mediate una microsonda termica inserita all’interno della camera anteriore e lasciata in situ durante tutto l’intervento.
I picchi di temperatura più elevati si sono registrati ovviamente nel tunnel, ove maggiore è l’attrito. La temperatura si innalzava quindi rapidamente lungo tutto lo sleeve, ed in particolare si osservava un riscaldamento del cono alla base della tip. Nella facoemulsificazione con microtip ed infusione separata l’andamento termico è notevolmente diverso. A parità di condizioni, l’incremento di temperatura della tip all’interno dello sleeve è minimo, dell’ordine di pochi gradi. Si osserva un flusso di liquido in uscita dal tunnel, che risale lungo la tip fino al cono e contribuisce al suo raffreddamento, mentre non si riscontra un riscaldamento del liquido all’interno della camera, né con la sonda termica inserita all’interno della camera, né dall’esame mediante termocamera, del liquido che fuoriesce dalle aperture. La BSS di infusione infatti non subisce un riscaldamento essendo l’infusione separata dalla tip ed introdotta a parte in una porta di servizio.
Lo studio ha dimostrato, al di là della comprensione dei fenomeni termici, che la tecnica della microtip riduce drasticamente le cause di ustione del tunnel inducendo innalzamenti di temperatura molto inferiori rispetto alla tecnica tradizionale. L’analisi delle registrazioni effettuate, ed in particolare il confronto tra le temperature massime raggiunte nei diversi casi (FIG. 1 e 2) testimoniano che le temperature raggiunte nella facoemulsificazione con micropunta priva di sleeve ed infusione separata sono sistematicamente inferiori a quelle raggiunte nella facoemulsificazione tradizionale con sleeve.
Ma come mai si verifica un risultato apparentemente così sorprendente? Come mai soprattutto tanta differenza?
Per verificare e comprendere meglio quanto abbiamo osservato, analizziamo la seguente prova sperimentale che si esegue per misurare l’energia in eccesso prodotta in differenti condizioni: un manipolo faco completo di tip viene testato misurando l’energia elettrica assorbita mediante un multimetro digitale. Le misurazioni di assorbimento elettrico vengono effettuate con punta liberamente oscillante in aria A, con punta immersa in acqua per circa 1cm B, con punta completamente immersa C, e col manipolo interamente immerso D. (fig. 3).
FIG.3
Dall’esame dei dati risultanti emerge che l’energia trasmessa all’acqua dall’estremità della punta è molto inferiore all’energia trasmessa dalla parte conica (base). Ciò è dovuto al fatto che l’energia trasmessa è proporzionale alle dimensioni delle superfici.
Immergendo in acqua soltanto la punta l’incremento di assorbimento elettrico è minimo, abbiamo infatti soltanto un piccolo anellino di metallo che impatta e produce poco attrito. Immergendo la punta per un tratto maggiore le cose cambiano ancora di poco, abbiamo infatti soltanto un modesto incremento dovuto allo scorrimento della superficie laterale. Le cose cambiano invece notevolmente quando arriviamo ad immergere il cono. In questo caso l’incremento è significativo perché impatta con l’acqua una superficie nettamente maggiore. Registriamo quindi in questo caso una discreta produzione di calore che viene ceduto all’acqua. (FIG.4)
FIG.4 Punte (tip) immerse in acqua: sezione della parte immersa (anelli in grigio)
e calore prodotto (in rosso nei piccoli grafici)
Ora riflettiamo sul fatto che la tip introdotta in camera anteriore con lo sleeve è come se
fosse introdotta fino alla sua base conica grazie allo sleeve ed al suo contenuto di liquido.
Comprendiamo così facilmente perché il calore derivato dall’attrito diminuisca con l’uso della micropunta rispetto alla punta standard: diminuisce infatti notevolmentela superficie di contatto sia per le ridotte dimensioni del diametro della punta, sia perché eliminando lo sleeve eliminiamo l’attrito prodotto dal cono.
E’ da rilevare inoltre che il flusso di irrigazione che raffredda il cono ed il corpo della tip e che subisce quindi un riscaldamento, è convogliato all’interno dell’occhio dallo sleeve. Non entra invece in camera anteriore con la nuova tecnica che impiega l’infusione laterale, poiché è un flusso in uscita e quindi anche per questo motivo abbiamo minor calore in camera anteriore.
Un’ulteriore riduzione di temperatura si ottiene inoltre grazie al coefficiente di attrito titanio/tessuti (infusione laterale) che è inferiore rispetto a quello titanio/silicone (infusione con sleeve).
E’ da sottolineare infine come la potenza necessaria alla frammentazione del nucleo con la micropunta sia inferiore a quella necessaria con la punta standard con conseguente minore produzione di calore (in ragione quadratica del power).
Sono queste quindi le ragioni della minor produzione di calore nell’impiego di una microtip priva di sleeve nella facoemulsificazione bimanuale.
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